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LAVORO: INAIL; IN CALO GLI INFORTUNI NEL 1997
BOLOGNA, 19 OTT - Calano gli infortuni sul lavoro in
Emilia Romagna nel 1997 secono i dati diffusi dalla banca dati
dell' Inail in base alle denunce (e agli indennizzi) delle
aziende nei settori del commercio, industria e servizi. Nell'
anno passato infatti sono stati in totale 68.335 (durata media
in giorni 19) fra i quali 2164 con inabilita' permanente e 114
decessi. Nel 1996 erano stati 71.423 (durata media in giorni 20)
con 2768 inabilita' permanenti e 121 morti.
Analizzando piu' in
dettaglio i dati resi noti a Bologna al convegno organizzato per
ricordare i 100 anni della presenza dell' istituto in Emilia
Romagna, emerge che Bologna e Modena sono le due province dove
si registra il maggior numero di infortuni sia con inabilita'
temporanea che permanente.
La provincia di Bologna e' anche
quella con il piu' alto numero di morti (17), seguita da Parma
(15), Forli' e Ravenna con 13. Se si guarda invece ai settori di
attivita' economica le costruzioni ed il settore dei trasporti
con 20 decessi ciascuno sono quelli a piu' alto rischio, seguiti
dall' industria dei metalli (10). Nel 1996 Bologna e Modena
avevano avuto il piu' alto numero di morti con 23 per ciascuna
provincia.
Gli infortuni, stando sempre ai dati dell' Inail, sono calati
anche in agricoltura: 12456 con 24 decessi nel 1996, 11153 nel
1997 con 17 decessi. In calo di un giorno (da 24 a 23) la durata
media dell' infortunio.
Il piu' alto numero di morti si
e' avuto a Forli' con 4, seguita da Ferrara, Modena, Ravenna e
Reggio Emilia con 3. Nel 1996 ancora Modena guidava la
classifica degli infortuni piu' gravi con 6 morti, seguita
ancora da Forli' con 5..
Qualche considerazione un pò più complessa su questi dati (a cura di Gino Rubini)
La "stabilità" raggiunta dal sistema di prevenzione post dlgs 626.94 non
può essere valutato come soddisfacente.
La realtà di fatto per quanto riguarda la trasformazione nelle aziende della organizzazione della sicurezza (valutazione e gestione dei rischi) è verosimilmente la seguente : solo una minoranza (valutabile secondo diverse ricerche) attorno al 20 % ha colto la opportunità per riorganizzare in modo integrale la gestione della sicurezza. La maggioranza delle Aziende ha obbedito come ad un riflesso condizionato: quello della adesione formale alla norma.
Le procedure di valutazione e gestione dei rischi , a livello aziendale, sono state metabolizzate in forme assai diversificate. Su questi aspetti si attendeva un approfondimento da parte della Regione che aveva promosso un monitoraggio che per motivi che non affrontiamo in questa nota, si è arenato nella fase progettuale.
Gli unici dati che ci consentono un giudizio, sia pure parziale, derivano dall'Inail : nel corso di una Conferenza Stampa promossa dal Ministero del Lavoro, qualche giorno fa, l'Inail ha reso pubblici una serie di dati.
Meno morti sul lavoro ma ancora tanti gli infortuni. Nei primi otto mesi del '98 gli incidenti mortali sono stati 722 contro gli 886 dello stesso periodo dello scorso anno mentre il numero degli infortuni e' passato dai 627.686 del '97 ai 637.018 di quest'anno (+ 1,48%).
Il maggior numero di infortuni continua a registrarsi nell'industria (236.142) e in particolare nei settori manifatturiero (169.909) e delle costruzioni (57.952). La palma della regione con maggiori infortuni sul lavoro va alla Lombardia (106.837) che detiene anche il primato degli incidenti mortali: 105.
Queste cifre , da sole , ci dicono che ancora è molto da fare da parte dell'intera platea dei partners sociali per allineare questi dati ai dati assai più bassi dei paesi del Nord Europa.
Per altro gli stessi dati Inail forniscono una rappresentazione della realtà parziale: gli indici di frequenza degli incidenti andrebbero comparati con il monte ore lavorate. In alcuni settori il fenomeno degli infortuni mortali appare, come dato assoluto, in decremento , ma rapportato al denominatore del minor numero di ore lavorate , purtroppo la realtà non appare migliorata.
Nelle diverse Province della Emilia i dati del 1997 appaiono in forte decremento , alcuni esempi . Nella provincia di Bologna si passa dalle 28064 denunce di infortunio del 1995 alle 23340 del 1997. Sempre prendendo come riferimento gli anni '95 e '97 , nella Provincia di Ferrara si registra una stabilità del dato: nel '95 7327 denunce , nel 1996 7165, nel '97 7.308. La Provincia di Reggio Emilia invece peggiora la situazione : dai 17893 del '95 ai 18693 del '96 ai 18117 del '97. (incremento '95 - '97 + 4,2%)
Negli ultimi tre anni le denunce infortuni, in Emilia Romagna hanno avuto il
seguente andamento.
1995: 127047;
1996: 126162 ;
1997: 117917
E' verosimile affermare che una certa parte del decremento del - 6,8% del '97 rispetto al 1995 sia il risultato di una maggiore attenzione derivante dal coinvolgimento di una platea vasta di soggetti con le pratiche di valutazione dei rischi e di interventi di "messa a norma" delle situazioni a maggior rischio?
Allo stato dell'arte non si è in grado di convalidare questa affermazione: non si giustifica ad esempio il dato in incremento di Reggio Emilia ove vi è stata una attività intensa per applicare il dlgs.626.94.
E' evidente che occorre ricostruire
1) le modalità organizzative di segnalazione e denuncia messe in atto nella Provincia di Reggio Emilia;
2) le trasformazioni che sono avvenute nella struttura economico-produttiva sia il monte ore effettivo lavorato.
Il dato nazionale aggregato segnala un fenomeno di "decremento" che va studiato e approfondito: il dato è omogeneo e parte da - 4,9 % Sud e Isole fino a - 6,7 % per l'area del Nord Ovest.
Le domande legittime a fronte di questi fenomeni sono le seguenti:
1) Quali sono i settori e/o comparti nei quali è avvenuto in modo significativo un decremento ?
2) Il decremento è il frutto di una migliore organizzazione della sicurezza nelle aziende ?
3) Il decremento è invece dovuto prevalentemente al fatto che una serie di settori hanno registrato una minore esposizione al fenomeno a causa della contrazione del monte ore lavorate ?
Non è possibile, con i dati disponibili allo stato dell'arte, affermare con sicurezza la prevalenza di una interpretazione univoca dei fenomeni in atto.
Pertanto è prioritario sviluppare una elaborazione dei dati che ricostruisca con maggiore chiarezza i processi di trasformazione e dia una risposta alle tre domande precedenti .
Un incremento sostanziale delle forme di lavoro estemporaneo e flessibile possono avere elevato il potenziale di rischio in alcuni settori più che in altri.
Esiste poi il problema dell'area "grigia", quella delle situazioni aziendali ove l'applicazione è avvenuta in modo "formale". Ad una stima di massima si può affermare che quest'area superi quella delle aziende nelle quali vi è stato uno sforzo per migliorare le condizioni di salute e sicurezza .
Queste considerazioni valgono per il fenomeno infortunistico, ma non ci danno una immagine verosimile riguardante il disagio da organizzazione del lavoro e non ci prospettano un paradigma di lettura per quanto riguarda le patologie correlate direttamente o indirettamente alla esposizione ai rischi.
L'aspetto più carente riguarda il problema della gestione dei rischi riferiti alla salute dei lavoratori.
Infatti mentre l'attenzione verso la mitigazione del fenomeno infortunistico è stata abbastanza diffusa (anche se insufficiente ) e le azioni vi sono state, in ragione anche di un interesse immediato da parte delle aziende, non vi è stata pari attenzione per quanto riguarda le azioni verso i rischi che nel medio e lungo periodo possono produrre tecnopatie.
La stessa denuncia di "malattie professionali" è assai infrequente, salvo quelle che hanno un riscontro di indennizzo Inail (tecnopatie da rumore)
Permane invece una rilevante disattenzione per quanto riguarda la prevenzione delle patologie osteoarticolari da postura o da movimenti ripetitivi. Per quali motivi si è registrato questo allentamento di attenzione ai determinanti di patologie assai spesso difficilmente attribuibili al lavoro ?
Secondo le risultanze derivanti dagli studi del Programma Resò (1)sono rilevabili situazioni di significativo svantaggio nelle aspettative di vita dei lavoratori dipendenti che svolgono lavori manuali.
Dalle riflessioni degli AA. e dai dati che essi riportano emerge un quadro complesso: innanzitutto i limiti propri della legislazione (dlgs 626.94) rischiano di restringere l'analisi del sindacato sulle concrete condizioni di vita nel lavoro. Si rischia di dare una "lettura" riduttiva che non consente di recuperare dalla soggettività delle persone le nuove situazioni di disagio nel lavoro e...oltre il lavoro.
Occorre una ricerca sui nuovi determinanti del disagio dati dalle nuove modalità di organizzazione del lavoro.
Solo in questo modo si può riattivare un circolo virtuoso tra ricerca - conoscenza-trasformazione.
Nota (1)
Programma Resò: Un moderno sistema di sorveglianza delle differenze sociali e professionali
nella mortalità nella morbosità in Italia a cura di Giuseppe Costa ed altri ha già permesso i trarre
valutazioni rilevanti sul peggioramento delle aspettative di vita dei lavoratori dipendenti esposti a
sostanze nocive e/o addetti a particolari mansioni esposte a rischio.
Riportiamo dalla brossura di presentazione dei risultati:
....ibidem ..In questo dibattito (sulla nuova gestione della sicurezza e della salute. Ndr).potrebbe essere stimolante introdurre un punto di vista più distaccato, che si proponga di esaminare il rapporto tra lavoro e salute, così come si presenta oggi , senza essere condizionato dalle priorità imposte dalle norme che regolano specifici rischi e singole
procedure.
E' verosimile che osservando con maggiore distanza lo scenario in cui si articola il rapporto
tra lavoro e salute, si possano riconoscere immagini inedite di problemi di salute occupazionale ,
nuovi e antichi, magari trascurati dalla normativa, ma non per questo meno rilevanti ed attuali. Si deve ricordare che circa 60.000 giovani tra i 15 e i 19 anni ogni anno subiscono infortuni nel lavoro,
oltre millecinquecento rimangono invalidi e quasi cento sono i casi mortali.... Questi infortuni
ricevono assai meno attenzione degli incidenti del sabato sera.
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