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Una causa italiana alla Corte di Giustizia UE: le conclusioni dell'Avvocato generale mettono in discussione l'art.118/ANon è sufficiente porre attenzione a ciò che viene deciso nelle Commissioni Camera e Senato della Repubblica Italiana per prevenire sgradevoli sorprese in materia di sottrazione di diritti dati per conquistati una volta per tutte. Il campo d'azione si è allargato e ciò può portare di volta in volta vantaggi o svantaggi rispetto a norme nazionali , in fattispecie riguardanti la salute e la sicurezza nel lavoro, che possono essere messe in discussione in sedi lontane e al di fuori del nostro orizzonte . Una vertenza giudiziaria insorta a Genova che vedeva contrapposte la Srl Borsana versus IP in merito alla adozione di misure di maggiore protezione della salute dei lavoratori rispetto alla esposizione al benzene è sfociata, per iniziativa del Tribunale di Genova che ha posto alla Corte di Giustizia UE un quesito interpretativo, in una conclusione dell'Avvocato generale assai pericolosa per l'intero assetto giuridico comunitario e nazionale in materia di salute e sicurezza nel lavoro. La conclusione dell'Avvocato generale Jean Mischo rispetto alla causa C-2/97 mette in discussione l'assunto base dell'Art.118/A . Si tratta della norma in base alla quale gli Stati membri possono sempre conservare e/o adottare delle misure più favorevoli ai lavoratori. La interpretazione corrente della cogenza delle Direttive è la seguente: le direttive fissano degli standard di protezione minimi. Questi standard minimi sono obbligatori , ma gli Stati membri della UE conservano una piena libertà di mantenere o di adottare norme che proteggano i lavoratori al di sopra della soglia minima fissata dalle direttive. Questa regola naturalmente vale anche rispetto agli impegni internazionali che gli Stati membri UE dispongono per ratificare le Convenzioni della OIT della UN. Le conclusioni pericolose dell'Avvocato generale hanno come oggetto le differenze tra la legislazione italiana riguardante le sostanze cancerogene (gli art. 62 e 63 del dlgs 626.94) e la direttiva comunitaria 90/394. La legislazione italiana prevede una politica di prevenzione basata su tre tappe che seguono un ordine di priorità:
Non apriamo in questa sede una discussione teorica sul merito di queste procedure: il problema posto dall'Avvocato generale è un altro. Ciò che viene posto in discussione riguarda la possibilità di recepire una direttiva UE da parte di uno Stato membro conservando o introducendo una legislazione di miglior favore e maggiormente protettiva per i lavoratori rispetto agli standard minimi richiesti. I criteri sui quali l' Avocat Jean Mischo ha basato la sua conclusione per annullare la facoltà di legislazione migliorativa sono i seguenti:
Una domanda va posta al Ministro del Lavoro italiano ( visto che la delega in materia , in sede UE, è del suo dicastero) : perchè le ragioni dello Stato italiano non sono state rappresentate in questa causa ? A quanto ci risulta l'immagine del Governo italiano, in questa causa, ne è uscita intaccata se non altro per l'aspetto della incuria e della negligenza: nessun rappresentante del Ministero del lavoro ha seguito il dibattimento. E' verosimile pensare che questa assenza sia stata letta come un messaggio inconfondibile dalla Corte. Se il Ministro ritiene, come sembra da più atti ( circolari e decreti ministeriali che stanno svuotando il dlgs 626.94 e il dlgs 494.96) , che la protezione normativa italiana sia troppo elevata, lo dica: sarebbe un doverso atto di chiarezza politica! Non vi sono parole per concludere: tutto è un pò più difficile di prima, grazie anche alla negligenza ( ci auguriamo non calcolata ) di chi doveva difendere le ragioni dello Stato italiano e si è astenuto dal farlo.
18 maggio 1998
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